Politici e pensioni d’oro: 90.000 mila euro ed oltre al mese
Tutto secondo le regole ma spesso i diritti acquisiti si tramutano in privilegi
Vi sono leggi, contratti, normative ed intese. Tutto avviene secondo quanto regolamentato dalla vigente giurisdizione ma, se ci si ferma un attimo a riflettere, in determinati casi, i cosiddetti diritti acquisiti si tramutano in veri e propri privilegi.
In tema di privilegi, indennità, pensioni e vitalizi negli ultimi tempi sono stati denunciati più e più casi. Ma giunto il momento di chiedere a milioni e milioni di pensionati di rinunciare al recupero dell’inflazione ed a migliaia di lavoratori di rimanere al lavoro per diversi anni in più, la contraddizione ha preso il sopravvento. Dalla “casta” di Rizzo alle “sanguisughe” di Giordano il passo è breve e ciò non toglie che vi sia un problema da risolvere.
In Parlamento la questione è stata affrontata solo qualche giorno fa. La Commissione del Lavoro ha posto il problema del trattamento dei dipendenti degli organi costituzionali ed authority. Che non solo percepiscono stipendi al di sopra della media nazionale ma oltretutto godono di benefici di assoluto privilegio.
In Parlamento, dove Schiffani e Fini faticano a far approvare il taglio dei vitalizi, l’ultima occasione in cui la questione è stata affrontata, è stato alcuni giorni fa. In tale occasione la Commissione del lavoro ha posto la questione del trattamento dei dipendenti degli organi costituzionali ed authority. A cui non solo spettano stipendi ben oltre la media nazionale ma, godono ancora oggi di un regine di assoluto privilegio. Intervento definito urgente ed improcrastinabile.
Bankitalia, a stretto giro, ha fatto sapere che i propri dipendenti sono totalmente soggiogati al regime Inps. Dall’ultimo consuntivo del quirinale, invece, si evince che ai suoi dipendenti già da tempo vengono applicate norme più rigide con il blocco di progressioni automatiche ed il taglio degli assegni più alti. Nonostante la morsa, però, essi hanno ancora la possibilità di andare in pensione con 35 anni di contributi e 60 anni di età. Ed in ogni caso, annualmente, il Colle incassa contributo per 8 milioni di euro ed elargisce pensioni per 90 (37/38 % del bilancio).
Senato e Camera fanno anche peggio. Palazzo Madama, annualmente, spende oltre 182 milioni di euro in pensioni. Sulla carta, nel caso di Senato, si può andare in pensione dopo aver raggiunto i 60 anni di età, se si è in possesso dei requisiti minimi: 20 anni di servizio e 35 anni di contributi. Inoltre, vi è la possibilità di anticipare il tutto a 57 anni di età ma, in questo caso, vi sono forti penalizzazioni.
Proprio nel suo ultimo resoconto contabile in Senato ha annunciato nuove e più restrittive disposizioni, non da meno è la Camera in fatto di inasprimento dei requisiti per la pensione di anzianità. Anche se l’ultima nota di bilancio non definisce chiaramente come si dovrà procedere.
Più si innalza la scala sociale di riferimento più si innalzano i trattamenti pensionistici che appaiono scandalosi agli occhi della popolazione. La pensione d’oro per eccellenza spetta a Mauro Sentinelli che raggiunge quota 1.173.000 euro l’anno lordi. Ossia 3.250 euro al giorno, circa. Come è possibile? Egli stesso spiega che è andato in pensione guadagnando 9 milioni di euro l’anno ed avvalendosi della facoltà di passare dalla gestione speciale del fondo telefonico.